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A piccoli passi nella vita di Santa Rita. Ingresso in monastero
Rita ormai priva dei suoi affetti più cari visse un periodo di preghiera e solitudine, decidendo così di consacrare la sua vita a Dio, chiese di poter entrare nel Monastero delle Agostiniane di Cascia, ma la sua richiesta venne rifiutata tre volte. Accogliere un “vedova di sangue” voleva dire coinvolgere il monastero nella faida.
Si narra che una notte Rita recatasi come di consueto in preghiera sullo “scoglio” (una roccia che si innalza per un centinaio di metri sopra Roccaporena), ebbe la visione dei suoi tre Santi protettori, (S.Agostino, S. Giovanni Battista e S. Nicola da Tolentino) che la trasportarono a Cascia, all’interno del Monastero. Il mattino successivo le suore stupite dal prodigio la accolsero.
Siamo nell’anno 1417. Rita diventa Monaca Agostiniana. La vita nel monastero scorre con esemplare umiltà tanto da suscitare l ‘ammirazione e la stima delle sue consorelle. La Madre Badessa volle così mettere alla prova Rita, affidandole uno sterpo secco da annaffiare tutti i giorni per un anno. Quello sterpo secco era un vecchio vitigno che con le cure di Rita torno a germogliare, dando squisiti e succolenti grappoli d’uva. I suoi tralci essiccati, cotti ad elevate temperature, e benedetti da un sacerdote vengono distribuiti ai devoti malati. I fedeli attribuiscono straordinari poteri curativi alle “polverine di Santa Rita”.
Dal momento che la regola del convento non prevedeva la clausura, le suore potevano far visita agli anziani, malati e poveri. Questo fece si che Rita divenne molto amata tanto da conquistarsi la fama di taumaturga.
Intensificò un regime già duro, sottoponendosi a penitenze poiché desiderava unirsi alle sofferenze di Gesù, così una sera si raccolse in preghiera e lo implorò. Fu allora che, secondo la tradizione, una spina della Santa corona si staccò dal crocefisso e le si conficcò in fronte, uno stigma.
Intervenì la Santa Inquisizione per un evento di tale portata che aveva del miracoloso, la notizia si diffonde e consolida la fama di Rita, tanto da meritargli, ancora in vita quel titolo di “beata” che solo due secoli dopo a conclusione del processo canonico le sarebbe aspettato di diritto.
Nel 1435 in occasione di un pellegrinaggio a Roma, la spina sparì per permettere a Rita di recarsi li con le altre consorelle, ma non appena varcò la soglia del Monastero la ferita si riaprì.
Da qui a pochi anni Rita si ammalò, costretta a letto, inferma.
Non faceva trasparire la sua sofferenza, non aveva le forze per nutrirsi. Si diceva che le bastasse solo l’eucarestia.
È come se la fede e l’amore esigessero di pervadere tutto l’essere.
È il mese di gennaio, durante una visita di sua cugina, Rita le chiese di recarsi a Roccaporena, nel suo orto, e di portarle una rosa rossa e due fichi. Si narra che la donna dopo aver ascoltato quella voce determinata e suadente, non perse tempo e si recò nell’orto di Rita, prese il sentiero reso scivoloso per il ghiaccio, quando arrivò vide una bellissima rosa ricoperta dalla neve e poco più avanti due fichi. Li portò subito a Rita. Così la santa vedova, madre, suora divenne la santa della “spina” e la santa della “rosa”.